Ci impegniamo a raccontare la storia di ogni nostro caffè, scavando a fondo, per conoscere al meglio l’intera filiera di produzione cercando sempre di stabilire un contatto diretto con il produttore. Questa fase di ricerca è molto importante perché ci permette di scoprire le caratteristiche principali e la bellezza che ogni caffè può rivelare. E’ anche un’occasione per dare voce a tutte le persone che partecipano alla produzione di questi caffè, valorizzando il loro impegno. Ed è un modo per raccontare storie che per noi sono importanti. E non ci stanchiamo mai di farlo. Perché questo non è un lavoro … Questo per noi è un divertimento!
Fabrizio Rinaldi, mastro torrefattore e fondatore
Storia di un packaging
Storia di un percorso di martketing e comunicazione in continua evoluzione. Perchè a volte non conta solo la forma, ma anche il contenuto
Da sempre mi diverto a raccontare la mia avventura nel mondo del caffè, come il capitano esemplare di una nave che di continuo aggiorna il suo diario di bordo, tracciando con enfasi i giorni più importanti della sua traversata.
Sperando che questa nave non affondi mai, oggi mi trovo a descrivere nei dettagli l’evoluzione del packaging delle mie confezioni di caffè. In fondo, bisogna ricordare che non solo il contenuto è importante, ma anche la forma. Presentare un caffè di alta qualità all’interno di una busta anonima, senza un’etichetta che descriva il prodotto, sigillata magari con un semplice nastro adesivo, sicuramente concede poco fascino al prodotto. Questo io lo posso garantire per esperienza diretta. Quando ho iniziato la mia carriera da torrefattore, nel 2011, le mie migliori, e ripeto migliori, confezioni di caffè, si presentavano in questo modo!!!
Io credo che l’attenzione rivolta ai dettagli sia andata di pari passo con il mio lavoro. Con il tempo, studiando in modo professionale il mondo del caffè ed affrontando estenuanti sessioni di tostatura, ho sentito l’esigenza di rinnovare l’immagine del mio prodotto. All’epoca mi rifornivo da Flex Packaging, un’azienda di Cava dei Tirreni che si occupa di imballaggio e confezionamento. Con loro mi sono trovato molto bene e posso spendere solo buone parole nei loro confronti. Sono seri ed affidabili, sotto ogni punto di vista.
In quegli anni, come uno scout in una foresta, mi divertivo ad esplorare il mondo del caffè che mi circondava, fermando la mia attenzione verso quelle torrefazioni d’eccellenza e di ricerca, raccontate con precisione sul portare web del Gambero Rosso.
A volte mi capitava di acquistare o provare sul luogo i loro caffè, e come un voyeur cercavo di sbirciare tutto il meglio del loro lavoro. Per questo motivo, decisi di rivoluzionare per la prima volta il mio packaging, affidandomi ad una nuova azienda per l’acquisto delle confezioni di caffè. Passai a Swiss Pac, uno dei leader nel settore, soprattutto per quanto riguarda le buste Doypac, ovvero quel tipo di imballaggio flessibile che è in grado di mantenersi stabile su un piano orizzontale e che garantisce quindi la massima visibiltà del prodotto. Fu in quell’occasione che ho conosciuto Davide, il loro agente commerciale per l’Italia ( Swiss Pac è un’azienda inglese, con la sede di produzione in India. Vende in tutto il mondo ). Per l’occasione, scelsi le buste Stand Up in plastica bianche lucide. E mi impegnai a creare, da bravo self man, un’etichetta per ciascun prodotto. Mi affidai ad un tipografo per la stampa dell’etichetta trasparente con il logo. Devo ammettere che oggi, a rivederle, mi invade un senso di tenerezza e sono contento che la mia evoluzione sia proseguita negli anni.
Poi, come sempre accade nelle belle storie, un incontro fortuito cambia le carte in tavola.
Su una rivista locale, pubblicata sul territorio dei Castelli Romani, uscì un breve articolo sulla mia torrefazione. Ed un ragazzo di Ciampino, curioso di conoscermi e di assaggiare i miei caffè, mi passò a trovare in torrefazione. Fu un incontro piacevole ed in quell’occasione scoprii che era anche un bravo artista. Mi consegnò alcuni suoi disegni, realizzati su carta. Proprio in quel periodo, io avevo scoperto le opere di Alfons Mucha, uno dei più importanti artisti dell’Art Nouveau, ed ero rimasto colpito dai suoi manifesti pubblicitari, realizzati in esclusiva per promuovere prodotti commerciali come scatole di biscotti, cioccolatini, birre, champagne, saponette, polvere da bucato e cartine per sigarette, su ordinazione delle aziende produttrici. Ovviamente, con tutti i paragoni possibili, una pazza idea mi passò per la testa. Ed un pomeriggio qualunque, bevendo un ottimo espresso, chiesi a questo ragazzo di disegnare per me.
Lui è Andrea Giordano ed ancora oggi siamo amici ed in buoni rapporti.
In pochi mesi, ci siamo impegnati a realizzare un’etichetta per ciascun caffè, cercando un’immagine che potesse rappresentare al meglio il prodotto. Con la collaborazione di Riccardo Acciari e della sua società, Erre A Edizioni, che si occupa di grafica e stampa, fu definito un nuovo packaging per la mia azienda. Ero davvero soddisfatto del mio lavoro. Tra l’altro, proprio in quel periodo iniziavo ad avere finalmente una modesta visibilità oltre i confini del mio territorio, grazie al passaparola, ai social ed al web in generale, attraverso la pubblicazioni di articoli e recensioni che riguardavano la mia attività. Cominciai a vendere on line ed a spedire in tutta Italia, ricevendo persino diversi ordini, in via eccezionale, anche da Francia, Spagna, Svizzera, Germania e Polonia.
E così, le mie buste Stand Up in plastica bianche lucide, in questa loro nuova veste, con un’etichetta per la prima volta studiata in ogni dettaglio, cominciarono a riempire le case di molti coffee lover che tra l’altro si divertivano a pubblicare sui social foto con le mie confezioni di caffè.
Se qualcuno di voi ha letto l’articolo scritto in esclusiva per questo blog:
https://www.cafferinaldi.it/il-blog-di-fabrizio/2020/3/19/la-storia-nascosta-di-un-torrefattore
avrà capito che il mio lavoro ha affrontato una continua evoluzione, sopratutto negli ultimi tre anni, ed in questo contesto non poteva passare indenne tutto ciò che riguarda il packaging e la comunicazione. Il bisogno di rinnovare il mio stile, in linea con la scena Specialty a cui mi stavo timidamemente affacciando, sfiorava ogni giorno i miei pensieri, senza una meta precisa. Cercavo un nuovo look, ancora una volta, per esaltare al meglio il nuovo percorso che stavo affrontando. Volevo dare un immagine di un’azienda di stampo artigianale ed al tempo stesso moderna, con uno stile sobrio e d’impatto. Fu in quel contesto che incontrai Daniele Frontoni, titolare di Hotel San Francesco, un confortevole albergo situato a Trastevere, nel cuore di Roma. Ci siamo conosciuti grazie ad un amicizia in comune ( lui era amico di Dario Pulcini, proprietario di Irma, grazioso bistrot - caffetteria situato in zona Prati, a Roma, che io fornisco da anni con il mio caffè). Ci siamo conosciuti in un torrido pomeriggio di luglio.
Daniele si aspettava un Roaster stile hipster, con barba curata e tatuaggi sulle braccia, sicuro di sè ed orgoglioso del proprio lavoro, invece arrivai io, stravolto dal caldo, con la mia maglietta da lavoro, insicuro ed impacciato. Diventammo subito amici.
In quell’occasione, mi riservò una visita in esclusiva del suo albergo, bevendo insieme una tazza di caffè in filtro nella sua sala colazioni. Senza troppi indugi, mi disse che apprezzava molto i miei caffè e che sarei diventato presto il suo fornitore, accennando già ad progetto che poi si sarebbe sviluppato negli anni successivi ( aprire una caffetteria all’interno del suo albergo ). Scoprii in quell’incontro che lui era il titolare di Area73, un’agenzia che si occupa di grafica e comunicazione per aziende. Proprio in tale contesto, mi consigliò di rivoluzionare il mio stile, per quanto rigardava il packaging del prodotto,la comunicazione sui social e la grafica del mio sito web. All’inizio ero incerto, in fondo erano anni che investivo su quegli aspetti del mio lavoro e ne ero soddisfatto. Ma le sue parole mi portarono a riflettere. E poco alla volta, quasi senza accorgermente, con una naturalezza che ancora ringrazio, iniziai ad affidare alla sua agenzia tutto il mio lavoro, per quanto riguarda, appunto, la grafica e la comunicazione. Furono mesi molto impegnativi, in cui abbiamo definito insieme un nuovo packaging. Mi rivolsi sempre a Swiss Pac, scegliendo le loro buste Stand up in carta nera opaca. Fu difficile affrontare il discorso etichette. Dopo tanti anni, chiudevo un rapporto di collaborazione con il giovane Andrea Giordano. Ma sentivo che era giunto il momento di cambiare. Fu comunque un saluto amichevole. Ancora oggi sono in contatto con lui e seguo sui social le sue ultime creazioni. Lo invito sempre ad inseguire i suoi sogni.
Nel giro di poco tempo, Daniele stravolge ogni aspetto del mio lavoro. Si cambia il logo, le confezioni di caffè, le etichette, si crea un nuovo sito internet per la mia Roastery, quel www.cafferinaldi.it che adesso mi rende orgoglioso. Decido di pubblicare i miei contenuti in modo più sobrio e professionale, con meno enfasi ed una maggiore attenzione ai dettagli.
Nascono nuove idee, nuovi progetti, il lavoro si amplia, gli investimenti raddoppiano, le vendite migliorano in modo esponenziale. Ottengo una nuova e gratificante visibilità e tutti i miei sacrifici vengono ricompensati. In questo contesto, ci tenevo a ricordare che per la stampa delle etichette mi sono sempre affidato a Riccardo Acciari ed alla sua società, di cui ho accennato nelle pagine scorse. Squadra che vince, quindi, non si cambia, al massimo si amplia.
Ricordo le ore intense trascorse nello studio di Daniele, nel cuore di una Trastevere affascinante, fuori dal contesto turistico, paseggiando, al termine dell’incontro, attraverso di una Roma che credevo sparita.
Ricordo pomeriggi interi davanti allo schermo di un computer, a creare insieme una nuova immagine per Caffè Rinaldi. Sono sicuro che proprio alla luce di questi investimenti, sono usciti gli articoli sul Gambero Rosso in cui si parlava del mio lavoro.
Ma la bella storia non finisce qui.
Passano gli anni, l’amicizia con Daniele si rafforza, i nostri rapporti di lavoro diventano più intensi, lui diventa ormai il mio consulente di fiducia. Al tempo stesso, continuiamo ad inseguire i nostri obiettivi. Proprio in questo periodo, Daniele inaugura, all’interno del suo albergo, Jacopa, ristorante esclusivo e di ricerca. A seguire, nei mesi successi, viene alla luce anche quel famoso progetto accennato in precedenza. Nasce Jacopa Caffè, caffetteria specialty. Sono orgoglioso di ricordare che fornisco ancora con il mio caffè sia l’albergo che la sua nuova caffetteria, splendida sintesi della nostra collaborazione.
Ma anche io mi metto in gioco, come ho scritto nella Storia nascosta di un torrefattore, e finalmente nel mese di Ottobre 2020, riesco ad aprire il mio nuovo laboratorio di torrefazione, con vendita di caffè al dettaglio e corner di caffetteria specialty ( di prossima apertura) Ovviamente a seguirmi ci sta sempre Daniele, con i suoi preziosi consigli.
In virtù di questa nuova apertura, ho pensato di aggiornare ancora una volta il mio packaging, senza tuttavia rivoluzionare troppo lo stile. Con l’occasione, ho deciso di rifonirmi da un altra azienda, per il confezionamento. Mi sono affidato a The Bag Broker, conosciuti all’ultimo Host di Milano.
Saranno ancora buste in carta nera opaca, ma con un tocco decisamente più moderno ed innovativo, a partire dalla zip a pressione situata sul retro della confezione. Non vedo l’ora di vederle, esposte in bella vista sugli scaffali della mia nuova Roastery.
In tutto questo un virus terribile sta cambiando le nostre vite. Ci sarà un prima ed un dopo, è inevitabile, torneremo a guardare il mondo con occhi diversi. E proprio in questi giorni, di toccanti cambiamenti, che l’ultima evoluzione del mio lavoro prende finalmente luce. E nell’attesa che arrivino presto tempi migliori, noi vi salutiamo con questa immagine, realizzata all’interno della mia torrefazione, con le nuove confezioni di caffè in bella vista, ed un cuore colmo di speranza.
Di cosa parliamo quando parliamo di Specialty Coffee
Lo ammetto, un titolo così bello non è tutta farina del mio sacco, e chiunque sia appassionato di letteratura capirà che è una parafrasi del titolo di una celebre raccolta di racconti dello scrittore Raymond Carver. Ma va bene così. Perchè in realtà neppure questo articolo sarà scritto di mio pugno, ma si limiterà a citare una fonte, scritta dal caffesperto Andrej Godina e pubblicata sul blog Comunicaffè.
Il motivo? Sentivo che era importante pubblicare sul mio blog un articolo approfondito sul mondo degli Specialty Coffee, in modo da far comprendere al lettore, ed anche ad i miei clienti, di cosa parliamo, appunto, quando parliamo di Specialty. Ma non sono la persona adatta a spiegare questo concetto.
Io tosto caffè specialty, lo faccio per lavoro. Seleziono i campioni di caffè verde all’origine, contattando direttamente il produttore, od un suo intermediario, ed in compagnia di un team di professionisti, tostiamo ed assaggiamo questi caffè, decidendo infine quali acquistare, in base a diversi parametri tra cui la qualità, naturalmente, ma anche il gusto finale od il processo di lavorazione, o la storia che li racchiude, od il mercato a cui saranno destinati.
Ma soprattutto scelgo quelli che mi entusiasmano al primo assaggio!
Quindi io sono un piccolo imprenditore che seleziona, assaggia e acquista caffè specialty. Sono un artigiano che si impegna a tostare questi caffè, studiando per ogni singola origine una curva di tostatura adatta per esaltare al meglio le caratteristiche sensoriali del prodotto ( riguardo il processo di tostatura dei caffè specialty, in futuro vorrei scrivere un articolo specifico sull’argomento). A breve sarò anche un barista che si divertirà a servire caffè specialty, con diversi metodi di estrazione, all’interno della sua caffetteria.
Ma non sono un trainer. E non ho le competenze adatte per scrivere di un argomento così importante, senza rischiare di essere superficiale. Per questo motivo lascio la parola, anzi la penna, o più probabilmente la tastiera di un pc ad Andrej Godina, caffesperto, Phd in Scienza, Tecnologia ed Economia nell’industria del caffè.
Nel corso della mia storia di torrefattore, tante volte mi sono incontrato con lui ed ho riportato spesso queste piacevoli esperienze tra le pagine del mio diario. Per la prima volta, adesso, lascio che sia lui, e non io, a scrivere sul mio blog, per spiegare nei dettagli di cosa parliamo, appunto, quando parliamo di Specialty Coffee
L’articolo di Andrej è stato pubblicato sul blog Comunicaffè, il 2 Aprile 2020, con il titolo “ Andrej Godina, il caffesperto: «Vi spiego come si fa a distinguere un vero Specialty Arabica» “
La definizione di Specialty Arabica di Andrej Godina
Il protocollo di definizione dello Specialty Arabica è utilizzato per la definizione di un caffè di alta qualità sui mercati internazionali del caffè verde. Questo protocollo non può essere applicato alla Canephora in quanto alcune caratteristiche sensoriali tipiche della Robusta sono valutate come difetti nel protocollo Specialty Arabica.
Il caffè prodotto nei paesi produttori di caffè si distingue in due specie botaniche, Arabica – che conta circa il 60% della produzione totale e Canephora – che ne conta il restante 40%. Altre due specie botaniche rappresentano meno dell’1% della produzione e sono l’Excelsa e la Liberica.
La Canephora è coltivata in molti paesi della fascia tropicale del pianeta nelle sue varietà Robusta e Conillon e qualche altra. Ricordo che l’Arabica ha 44 cromosomi, la Canephora 22, caratteristica che definisce queste due piante due specie assolutamente differenti e che producono dei semi dalla composizione chimica differente.
Godina: L’Arabica è presente in tutti i continenti e si coltiva in decine di varietà e cultivar differenti
Le varietà antiche sono Bourbon, Typica, Pacas, Villa Sarchi, Caturra, Kent, Maragogype e molte altre. Nella storia dell’evoluzione della specie Arabica e Robusta si sono incrociate naturalmente sull’isola di Timor dando vita all’Ibrido di Timor. Questo Ibrido, unico nel suo genere, ha la caratteristica di avere 44 cromosomi e di rientrare nella classificazione della specie Arabica.
I ricercatori e gli istituti caffeicoli di tutti i paesi produttori di caffè al mondo hanno utilizzato questo materiale genetico per incrociarlo con varietà di Arabica al fine di ottenere piante più produttive, maggiormente resistenti alle malattie e con una migliore qualità in tazza. E’ così che l’incrocio tra questo ibrido e la varietà Caturra ha dato vita alla famiglia dei Catimor, così come l’incrocio con il Villa Sarchi alla famiglia dei Sarchimor.
Questa premessa è importante per definire l’ambito botanico della definizione di Specialty Arabica e per comprendere l’importanza di non confonderlo con quello dei Fine Robusta
Il background di definizione dello Specialty Arabica è quello della Specialty Coffee Association of Europe. Questa associazione è stata fondata in Europa nel 1998 e si è affacciata al mondo degli appassionati del caffè di alta qualità nel 2000 con il primo campionato mondiale barista, il World Barista Championship organizzato a Monaco.
L’associazione sorella, la Specialty Coffee Association of America, è nata nel 1984 e ha da sempre lavorato per la definizione dei parametri ottimali di estrazione del caffè filtro e per la definizione di un protocollo di definizione del caffè Specialty Arabica. Oggi le due associazioni sono unite in un unico soggetto che promuove a tutti i livelli il caffè Arabica di livello Specialty e fornisce agli operatori gli strumenti tecnici per la sua definizione.
Cos’è l’Arabica Specialty e come si definisce? Risponde Godina
La stessa Sca non dà una definizione precisa di Specialty Arabica preparato al consumatore ma detta un preciso protocollo di valutazione nell’ambito del mercato del caffè verde. Per la Sca uno specialty coffee è un caffè Arabica che deve soddisfare le seguenti prerogative – https://sca.coffee/research/protocols-best-practices :
– Caffè verde: un campione di 350 g è classificato alla ricerca di possibili difetti visivi. Per definizione lo Specialty Arabica non può avere alcun difetto primario – categoria 1 e non più di cinque secondari – categoria 2.
– Caffè tostato: su 100 g di prodotto tostato non è ammessa la presenza di chicchi di colore chiaro, i cosiddetti “quakers”.
– Degustazione in tazza: la preparazione del campione in bevanda richiede di seguire precisi standard che riguardano il processo di tostatura, il degasaggio, la dose, la macinatura, qualità e quantità e temperatura dell’acqua, utilizzo della scheda di assaggio.
Godina: Un caffè Specialty Arabica è definito tale solamente se ha i requisiti visivi fissati dal protocollo del caffè verde e del tostato
E che ottiene, dopo l’assaggio con il protocollo cupping, un determinato punteggio, dato su una scala da zero a 100. Per essere definito Arabica Specialty il caffè deve ottenere un punteggio di almeno 80 punti. Il caffè è Specialty molto buono se il punteggio è compreso tra 80-84,99, è uno specialty eccellente se il punteggio ottenuto è compreso tra i 85 e 89,99 punti, mentre è un caffè Specialty straordinario se ottiene un punteggio maggiore o uguale ai 90 punti.
La scheda di assaggio dello Specialty Arabica tiene conto delle caratteristiche sensoriali intrinseche di questa specie, differenti dalla Robusta, che caratterizzano la sua valutazione qualitativa.
La scheda cupping richiede all’assaggiatore di valutare le seguenti voci:
– Fragrance/Aroma: la frazione aromatica del caffè è valutata sul macinato secco e subito dopo la preparazione della bevanda.
– Flavor, Aftertaste: a bevanda calda sono valutati la combinazione di gusti e aromi percepiti per via retronasale al palato e il retrogusto.
– Acidity, Body, Balance: quando la bevanda si è raffreddata l’assaggiatore valuta la qualità dell’acidità, del corpo e il bilanciamento della bevanda.
– Uniformity, Clean Cup, Sweetness: quando la bevanda è a temperatura ambiente l’assaggiatore è chiamato a valutare l’uniformità delle 5 tazze (preparate con lo stesso caffè), l’assenza di difetti e la dolcezza. Queste tre voci sono valutate su tazza singola, ciascuna tazza vale 2 punti.
– Overall: a fine degustazione l’assaggiatore può esprimere la sua preferenza soggettiva per la bevanda assaggiata.
– Defects – Taint/Fault: la presenza di difetti è già stata segnalata nelle caselle Uniformity, Clean Cup, Sweetness; a fine scheda viene chiesta l’identificazione del tipo di difetto, Taint vale -2, Fault vale -4.
Ciascuna delle caratteristiche da valutare sono giudicate su una scala da 6 a 10 con la seguente corrispondenza:
– 6 good
– 7 very good
– 8 excellent
– 9 outstanding
I punteggi dei caffè Specialty Arabica partono almeno da un giudizio di “good”, ovvero da un punteggio almeno di 6 e c’è la possibilità di dare un voto in quarti di punto (0,25)
Per un approfondimento si rinvia alla lettura del protocollo cupping di Sca.
È importante sottolineare che se un caffè appartenente alla specie Canephora è valutato con il protocollo Specialty Arabica otterrà sempre un punteggio assolutamente lontano dagli 80 punti. In quanto alcune caratteristiche sensoriali tipiche della Robusta sono considerate dei difetti nel protocollo Specialty Arabica. Per questo motivo la Robusta di alta qualità è valutata e definita attraverso l’utilizzo del protocollo Fine Robusta.
Per contattare Andrej Godina: andrej@bfarm.it
Dicono di noi - Il Mag Sensaterra
Il Mag Sensaterra è un Magazine che racconta tutta l’attualità sul mondo delle bevande calde, come caffè, tè e tisane. Oggi hanno parlato di noi e con piacere condiviamo il contenuto di questa intervista
Il Mag Sensaterra è un Magazine che racconta tutta l’attualità sul mondo delle bevande calde, come caffè, tè e tisane. Si impegna a incontrare artigiani indipendenti dalla forte identità che propongono prodotti di alta qualità. In questo periodo si stanno dedicando con impegno a raccontare la storia di piccole e medie torrefazioni che condividono la loro stessa filosofia e la loro ricerca sulla qualità.
Ci siamo incontrati in una mail d’autunno, io ed Emma Camerino, mentre stavo eseguendo una sessione di tostatura dei miei caffè. Ho subito apprezzato il loro progetto e volentieri ho accettato l’invito per una intervista. Per una bizzarra scelta del destino, ho ricevuto la telefonata di Emma per questa intervista nei minuti cruciali in cui mia moglie si trovava in fase di travaglio e per ovvie ragioni abbiamo dovuto rinviarla! Nei giorni seguenti, con calma, dopo la nascita di mio figlio, è stata realizzata questa piacevole intervista. Ed io adesso, con lo stesso piacevole atteggiamento d’animo, la condivido sul mio blog, con l’obiettivo di diffondere il loro progetto. E naturalmente anche per invitarvi ad una piacevole lettura. Racconta la mia storia nel mondo del caffè, evidenziando alcuni nuovi dettagli sul mio metodo di lavoro. Buona lettura!
Il Mag Sensaterra: Caffè Rinaldi - Intervista a Fabrizio Rinaldi
Appassionatamente Moka
Quando ebbe ampiamente finito il suo tipico gorgoglio ( all’epoca non sapevo nulla sulla perfetta estrazione di una moka), versai su una tazza, mi affacciai sul balcone della cucina e nella solitudine e nel silenzio bevvi la prima vera tazza di caffè della mia vita.
Avevo 12 anni, la prima volta che ho sentito il naturale bisogno di un caffè.
Ero nella mia cameretta, nelle prime ore del pomeriggio, con un libro di storia tra le mani, cercando invano di studiare, mentre un sole caldo, attraverso il vetro, mi invitava a raggiungere i miei amici per giocare a calcio insieme. Ricordo ancora quegli istanti, come l’inizio di una storia indelebile e che dura ancora oggi. Avevo sonno, o forse era la noia a tenermi in quello stato di torpore. Ricordo che ero solo in casa e che accadde tutto all’improvviso.
Mi venne un’idea e con un sorriso beffardo pensai che nessuno avrebbe potuto vedermi.
Cosi mi avventurai a fare un gesto “ da grande “ che di certo mi sarebbe stato di aiuto per trovare nuovi stimoli per studiare. Andai in cucina e preparai con dimestichezza una caffettiera. Era un gesto semplice, in quanto già mi divertivo a farlo per la mia famiglia in diverse occasioni, anche se non avevo mai partecipato al rituale dell’assaggio, eccetto pochi sorsi che mi offriva di nascosto mio padre. Misi la caffettiera sul fuoco e aspettai.
Quando ebbe ampiamente finito il suo tipico gorgoglio ( all’epoca non sapevo nulla sulla perfetta estrazione di una moka), versai su una tazza, mi affacciai sul balcone della cucina e nella solitudine e nel silenzio bevvi la prima vera tazza di caffè della mia vita.
Ricordo la lucidità, l’euforia e la voglia di conquistare il mondo che mi pervase. Tornai in camera, chiusi il libro di storia e con una gioia mai vista scesi di corsa le scale della palazzina in cui abitavo, pronto alla più grande partita di calcio che avrei giocato con i miei amici!
Questa può sembrare una storia di fantasia, ma vi assicuro che è tutto accaduto per davvero, in un pomeriggio di tanti anni fa. E da allora, da una vita intera, come tanti di voi, io bevo almeno una tazza al giorno di caffè preparata con la classica Moka, secondo una tradizione tutta italiana.
Ma adesso basta scrivere con la nostalgia di un poeta, in fondo questo è un blog sul caffè, ed al lettore poco importa come sia avvenuta la mia iniziazione alla bevanda nera.
Si potrebbe scrivere un libro intero sulla nostra amata Moka, partendo dalle origini, da quella geniale intuizione che ebbe Alfonso Bialetti nel 1933, vedendo il particolare funzionamento di un modello di lavatrice utilizzata da suoi moglie per lavare i panni, fino a raccontare migliaia di aneddoti, segreti e trucchi sulla sua perfetta estrazione, passano a descrivere i vari modelli che si sono intercorsi negli anni, citando film e romanzi in cui compare la celebre Moka, riempieno il testo di parole nostalgiche e aggettivi sublimi su questo prodotto “ Made in Italy “ che ci da tanto soddisfazione. Si potrebbe anche parlare della crisi che sta vivendo negli ultimi anni, con l’avvento di nuovi metodi di estrazione del caffè, in un discorso certamente più ampio e complesso. Ma ho poco tempo. E poco spazio. Quindi adesso basta virtuosismi, si bada ai fatti.
Moka E&B Lab è una caffettiera interamente prodotta in Italia, con un filtro competizione che migliora senza dubbio la qualità del caffè preparato con la tradizionale caffettiera italiana. Si differenzia da tutte le altre in commercio principalmente per la qualità del suo filtro pensato per esaltare l’estrazione del caffè con la Moka
Questo filtro infatti è dotato di tanti fori più piccoli (diametro di 0,2 mm), quelli tradizionali sono meno numerosi ( diametro di circa 0,8 mm), che consentono un’estrazione perfetta riducendo la pressione dell’acqua che potrebbe danneggiare il pannello di caffè macinato nel filtro.
Grazie a questo filtro che trattiene anche molte più particelle fini di caffè, si ottiene una bevanda più pulita, riducendo l’amaro e aumentando la dolcezza e il bilanciamento della tazza di caffè.
( fonte Ilcaffespressoitaliano.com )
Adesso ne sono certo, con le mie conoscenze e con l’utilizzo di un caffè di qualità e di attrezzature di alto livello, come questa Classic Moka Pot, ho la fortuna di bere un caffè sicuramente migliore di quello bevuto un pomeriggio di tanti anni fa da un dodicenne incauto e sornione, ma porto ancora addosso il brivido di quella scoperta e posso garantirvi che anche la voglia di bere un caffè è rimasta sempre la stessa!
Come dici? Ti è proprio venuta voglia di provare questa fantastica moka?
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il Macinacaffè manuale
È la nostalgia di un gesto a cui non siamo abituati. Per questo, ogni volta che ci troviamo davanti ad un macinino con manovella, ci invade un senso di stupore. D’istinto, nasce il ricordo, forse mai accaduto, di un lontano parente, in una vecchia stanza, intento a macinare con pazienza una manciata di caffè, appena tostato e straordinariamente ricco di aromi.
È la nostalgia di un gesto a cui non siamo abituati. Per questo, ogni volta che ci troviamo davanti ad un macinino con manovella, ci invade un senso di stupore. D’istinto, nasce il ricordo, forse mai accaduto, di un lontano parente, in una vecchia stanza, intento a macinare con pazienza una manciata di caffè, appena tostato e straordinariamente ricco di aromi. E non si può resistere alla tentazione di …
… scoprire ogni dettaglio di questo Macinacaffè Manuale
Mini Mil della Hario!
Grazie alle sue macine in ceramica, con una bassa velocità di rotazione, che non scaldano il caffè, è possibile macinare e conservare la freschezza del prodotto. Vi ricordiamo che il 50% degli aromi di un buon caffè si disperdono nei 15 minuti successivi alla sua macinatura. Per questo è importante utilizzare sempre caffè macinato fresco. E’ uno strumento elegante, pratico ed economico, adatto ad ogni metodo di estrazione (Moka, Aeropress, V60, French Press, ed anche espresso).
Noi vi consigliamo di conservare il nostro caffè, in grani, in un luogo fresco e asciutto, al riparo dalla luce, nella sua confezione da 250g, od in un contenitore ermetico. E di avere accanto un buon macinino, come questo, per essere sempre pronti a preparare un ottimo caffè!
Mini Mill Hario
Macinacaffè Manuale, con corpo in plastica e macine in ceramica.
Capacità: 24g
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i Caffettuosi
I Caffettuosi è una community vivace di coffee lovers, riunita in un gruppo WhatsApp dove si discute ogni giorno di caffè, in un clima di frizzante condivisione.
I Caffettuosi è una community vivace di coffee lovers, riunita in un gruppo WhatsApp dove si discute ogni giorno di caffè, in un clima di frizzante condivisione.
Nasce da una mia idea sconclusionata, un paio di anni fa, ed attualmente conta circa 180 partecipanti. Ciascuno può esprimere le proprie idee e pubblicare i contenuti che desidera. Naturalmente si parla solo di caffè e tutti sono i benvenuti.
Siamo un gruppo di folli e sognatori, di esperti di caffè e semplici appassionati, ci si vuole bene e ci si azzuffa (di rado).
Questa è la nostra storia.
Lo ammetto, quando ho creato questo gruppo, nel Gennaio 2016, pensavo semplicemente ad un sistema per comunicare in modo rapido ed efficace con tutti i miei clienti. Infatti, il logo del gruppo ero quello, all’epoca, della mia torrefazione. E l’idea era quella di inviare, durante la settimana, a tutti i partecipanti una serie di offerte, novità ed inviti ad eventi legati ad i miei caffè, in modo da ricevere un riscontro immediato e capire subito l’interesse suscitato per ciascuna iniziativa. Avevo invitato in questo gruppo anche qualche collega, un paio di esperti nel settore e diversi amici appassionati di caffè, in modo da renderlo sin dall’inizio un ambiente di più ampio respiro.
Ma subito le cose non sono andate, per fortuna, nel verso che immaginavo. Questa cerchia di venti, trenta persone, ignorando a volte le mie offerte commerciali, discuteva di caffè per conto suo, con sempre più entusiasmo, dando vita a conversazioni che attiravano naturalmente anche il mio interesse. Per sua natura, il gruppo ha cominciato ad allargarsi, coinvolgendo sempre nuovi coffee lover, invogliati da un mio invito, o consigliati da qualche amico, perdendo in breve tempo la sua originaria mission. In questi mesi, in questi anni, sono passate in tutto circa trecento persone nel gruppo, alcuni lo hanno abbandonato dopo una breve permanenza, ma molti hanno resistito, superando l’incessante numero di notifiche che lo caratterizza. E ci convivono ogni giorno.
Sono questi i veri caffettuosi, persone semplici, come me, appassionate di caffè e affettuose nei modi. Sono loro, in fondo, che scrivono la storia di questo gruppo. Ed insieme la portiamo avanti.
Sfido infatti tutti a trovare una community di caffè WhatsApposa più unita di noi!
Ogni partecipante viene presentato, appena entrato nel gruppo, con il suo nome, cognome, città di provenienza e ruolo nel mondo del caffè ( basta anche essere un semplice appassionato). Ci sono torrefattori, baristi, trainer, importatori di caffè crudo, fotografi, giornalisti e altri professionisti che lavorano nel settore del caffè, o di cui ne sono attratti.
Abbiamo un nostro logo ed una descrizione del gruppo appropriata: Community vivace di coffee lovers!
Siamo uniti da una genuina passione per il caffè e ne beviamo almeno quattro tazze al giorno.
Questa è la nostra storia. Se volete, si può condividerla. E se volete sapere di che pasta, anzi, di che caffè siamo fatti, basta entrare nel gruppo e dire “ Buongiorno a tutti ! “
La Marzocco, una grande famiglia
La Marzocco è una grande famiglia.
Era questo il mio pensiero, mentre tornavo da Scarperia, con lo sguardo rivolto alle campagne intorno a Firenze, in compagnia di tre baldi uomini e del loro vociare in sottofondo, seduti insieme a me sulla vettura che ci stava riportando alla stazione…
La Marzocco è una grande famiglia! Era questo il mio pensiero, mentre tornavo da Scarperia, con lo sguardo rivolto alle campagne intorno a Firenze, in compagnia di tre baldi uomini e del loro vociare in sottofondo, seduti insieme a me sulla vettura che ci stava riportando alla stazione. Ma torniamo all’inizio di questo viaggio e dopo, dimenticando tutte le regole di un bravo scrittore, proseguiamo oltre, fino ad arrivare al momento in cui sto scrivendo queste parole, in una fredda mattina d’autunno, con carta e penna e tanta voglia di parlare bene di questa azienda, La Marzocco, su cui ho deciso di credere e di investire.
Reset.
Appuntamento alla Stazione Termini, si parte!
Io, giovane torrefattore di belle speranze, Daniele Frontoni, titolare del Ristorante e Caffetteria Jacopa di prossima apertura, in compagnia del suo bravissimo chef Jacopo Ricci e di Silvio Rascioni, Brand Ambassador de La Marzocco.
Silvio ci avrebbe accompagnato in una visita guidata presso l’azienda, in quanto io e Daniele eravamo da poco diventati loro clienti tramite l’acquisto di nuove attrezzature.
Dopo una buona colazione al Mercato Centrale, siamo partiti verso Firenze.
All’arrivo in città, la prima sorpresa
Ad attenderci c’era un simpatico autista con una confortevole navetta che in circa trenta minuti ci ha portato verso Scarperia, dove ha sede lo stabilimento produttivo della Marzocco. Qui vengono realizzate tutte loro le macchine per espresso distribuite nel mondo. Il tragitto è stato tranquillo e spensierato, con i colori dell’autunno e delle campagne intorno a Firenze che riempivano il nostro sguardo.
Benvenuti a La Marzocco
Arrivati in azienda, conosciamo subito Lavinia che ci farà da assistente e da guida per tutta la giornata. Sarà lei ad accompagnarci verso la sala di rappresentanza, egregiamente arredata in legno, dove erano esposti diversi modelli di macchina per espresso e quadri e foto storiche che raccontavano la storia di questa azienda. All’esterno, su un terrazzo, c’erano un grande tavolo ed un forno a legna, dove immaginavo allegri pranzi estivi, con le pareti decorate con decine di mattonelle dipinte a mano, su cui erano presenti le firme delle persone più importanti che avevano lavorato in questa azienda. Silvio mi guardò e disse che sperava un giorno di leggere anche il suo nome. Io gli feci i migliori auguri.
Poi arrivò il momento clou. Lavinia, con la sua voce gentile, ci presentò Piero Bambi, figlio del fondatore dell’azienda e presidente onorario.
Io mi immaginavo una persona imponente, in giacca e cravatta, che alla sua veneranda età ancora impartiva ordini e proclamava sentenze.
Ed invece arrivò un simpatico signore, con cui mi sarei seduto volentieri a pranzare, in una giornata d’estate, su quel famoso tavolo in terrazzo, ascoltando la sua storia, dando voce ai suoi pensieri, lunghi e pieni di aneddoti, in un pranzo che probabilmente non avrebbe mai avuto fine.
Ebbi l’onore di essere servito da lui, per un buon caffè, e l’istante venne immortalato da Daniele che ci scattò la foto che vedete in alto dove Piero sembra quasi sorpreso ed io sorrido in modo sincero.
Questo umile signore rappresenta la storia dell’azienda, ne fa ancora parte, allieta gli ospiti con i suoi infiniti racconti, si diverte a spiegare nei dettagli il funzionamento di una Macchina per espresso, parlando di elettrovalvole e di caldaie, e lì capisci quanto conosca davvero in fondo il suo mestiere.
Ma lo sapete che La Marzocco Linea PB che ho acquistato per la mia caffetteria prende appunto il suo nome: Piero Bambi?
L’incontro sarebbe durato per ore se Lavinia non fosse prontamente intervenuta per ricordarci che la visita doveva proseguire. Ed allora salutammo Piero, ringraziandolo per la sua accoglienza. Appena superata una porta, quel mondo caldo e ricco di legno, si trasformò in una struttura moderna e allo stesso tempo incantevole.
Avete presente il bambino che entra nella fabbrica di Willy Wonka?
Io ho provato lo stesso meravigliato stupore, quando siamo entrati nell’area di produzione, grande come un campo da calcio, ma forse anche di più, dove decine di operai erano concentrati sul loro lavoro, in un clima sereno e familiare, con una canzone italiana diffusa per radio che qualcuno persino ripeteva in sottovoce.
Da notare che in questa azienda tutte le fasi di produzione si svolgono rigorosamente a mano, come indicato sul loro slogan “ Handmade in Florence “ e visitando lo stabilimento ho avuto modo di confermare questa strabiliante verità. Sono tutti artigiani, ciascuno esperto nel proprio settore, e non esistono robot o macchinari industriali, ma solo la mano dell’operaio e la sua esperienza.
Lavinia ci accompagnò nella visita di tutta la fabbrica, passando nel settore di Ricerca e Sviluppo e in altri ambienti di natura tecnica, per poi spostarci verso gli uffici di amministrazione e vendita, giungendo infine in un nuovo ambiente di rappresentanza, dove erano esposti gli ultimi modelli di Macchina per Espresso, come la Strada. Durante il percorso ho scoperto che c’erano diverse zone di svago per gli operai, dove potevano giocare a biliardo, rilassarsi in una conversazione, divertirsi a biliardino o con le piste giocattolo elettriche e persino allenarsi in una palestra, con un personal trainer!
Siamo poi entrati in una stanza dedicata in esclusiva al Modbar, la nuova frontiera delle Macchine per Espresso, con un design che racconterà una nuova storia in questo settore e che presto sarà presente anche da Jacopa, la splendida caffetteria che aprirà Daniele Frontoni nel suo locale nel cuore di Trastevere.
Dopo la visita, tornammo nel salone arredato in legno, per il pranzo, degno di un ristorante. Siamo stati trattati davvero come ospiti di riguardo, per tutta la giornata, con gentilezza e professionalità, ed io mi sono sentito perfettamente a mio agio, come se fossi in una grande famiglia.
Al termine del pranzo, dopo aver sfogliato alcuni libri che raccontavano la storia della Marzocco, seduti su comode poltrone, ci informarono che una navetta avrebbe potuto accompagnarci alla stazione, in anticipo, così da permetterci una breve passeggiata per Firenze. Salutammo Lavinia e le persone che ci avevamo fatto compagnia in questa giornata, con la voglia di tornarci presto. Nel viaggio di ritorno, come ho scritto all’inizio di questo articolo, mi trovai a pensare che in fondo, La Marzocco, era come una grande famiglia, dove ci si conosce un po’ tutti, ci si tratta con rispetto, si mangia e si scherza insieme, e si pensa alle cose serie in un clima di reciproca intesa. Ero fiero, in qualche modo, di essere entrato anche io in questa famiglia.
Arrivati a Firenze, abbiamo avuto il tempo di passeggiare per il centro, passare per il Duomo e Piazza della Signoria, e di prendere anche un caffè da Ditta Artigianale, la prima caffetteria specialty aperta in Italia, dove naturalmente bevemmo un ottimo caffè, estratto con una Marzocco.
Ma la storia non finisce qui. Perché proprio grazie a La Marzocco, ho avuto il piacere di essere presente al Milan Coffee Festival, nell’area True Artisan Cafè.
E proprio questa mattina, per la prima volta, ho avuto la gioia di servire un caffè, nella caffetteria della mia famiglia, con una Marzocco PB nuova di zecca, su cui avrò tempo di divertirmi e di affrontare belle sfide.
La storia quindi continua … Questo è solo l’inizio di una nuova avventura!
Special thanks to: Francesco Lusi e Fabio Bianchi di Coffeetech, vendita e assistenza tecnica La Marzocco